28 giugno 2007

Referendum elettorale - Beppe Severgnini

In Toscana la raccolta firme a favore del referendum elettorale la si fa QUI

Ecco un pezzo di Beppe Severgnini:

Applausi alla Casta. La nostra apatia le ha dato la vittoria

La Casta ha vinto, e merita un applauso. Tutti in piedi, signori! Abbiamo di fronte dei fuoriclasse. Hanno reso la politica così nauseante da uccidere il (poco) senso civico che ancora alloggiava nella coscienza degli italiani. A suo modo, è un capolavoro. Certo: trovar rifugio in una fazione, e insultare l'altra fazione, ci piace ancora. Ma questo, con la democrazia, non c'entra.

La prova è la difficoltà imbarazzante nel raccogliere 500.000 firme per il referendum elettorale. E' vero che i media di governo e d'opposizione ne parlano poco: esistono però i giornali indipendenti, le radio, internet, il cellulare, le piazze, il passaparola. Ma la parola non passa, perché siamo apatici, disinteressati, sfiduciati. Per usare un termine tecnico: non ce ne frega niente. Trovare un buon posto per le vacanze: questo sì è un obiettivo che scalda i cuori.

Non importa che il referendum sia l'UNICO mezzo a disposizione per cancellare una legge elettorale vergognosa, che costringe all'eterno pareggio; per abolire le attuali coalizioni, dove ogni partitello ha potere di ricatto; per impedire che i candidati vengano nominati dai partiti (spesso tra adulatori, camerieri e cortigiane). Qual è il problema? Che per agire, bisogna indignarsi. E per indignarsi, occorre capire. E per capire, è necessario un minimo di attenzione. Solo così si trovano le energie per uscire di casa e firmare (www.referendumelettorale.org).

L'accidia democratica non è solo italiana. Tutte le grandi democrazie soffrono della sindrome della pancia piena. La differenza è che la classe politica, altrove, è meno famelica, meno incosciente, meno spudorata. La Casta in Italia può fare, disfare, abusare, spendere, ridere e deriderci (in periferia come al centro); in Germania, in Francia o negli USA deve stare più attenta. Ma può fare ciò che vuole in quasi tutto l'Occidente.

Lo prova un bel libro di Kamran Nazeer, "Send in the idiots" (in Italia, "La scuola degli idioti", Rizzoli). L'autore spiega cos'è accaduto con l'Atto per la libertà di informazione che, dall'inizio del 2005, consente a qualsiasi cittadino del Regno Unito di richiedere qualunque informazione a qualunque pubblica autorità: enti governativi locali e centrali, scuole, unità sanitarie, forze di polizia e molti archivi (noi ce la sogniamo, una norma del genere!). La maggior parte delle richieste è gratis, e tutte si possono fare per email.

I civilissimi britannici si sono buttati a chiedere informazioni su costi, spese, sprechi? Manco per sogno. Solo il 20% è al corrente della possibilità, e solo il 6% ha usufruito del servizio. Altre nazioni hanno da tempo il diritto di libero accesso alle informazioni: le loro esperienze sono simili. Solo il 5% dei cittadini australiani ha fatto una domanda. Il 62% delle pubbliche autorità in Canada non ha mai ricevuto una richiesta. In sostanza: esiste un'opportunità per cambiare, ma i cittadini non sono interessati.

Riassunto, amaro: la gente è contenta che a occuparsi della politica sia una classe di professionisti. Questi, che non sono stupidi, ne approfittano. Anche negli Usa è successo, e le ultime campagne elettorali lo dimostrano. "La gente - scrive Nazeer - vuole eleggere qualcuno che condivida i suoi punti di vista, che trovi una soluzione alle sue paure. Non vuole addentrarsi nel dibattito". Non vuole sentirsi dire che una situazione è complicata: il solo pensiero irrita e affatica.

A propoposito: avete firmato per il referendum elettorale, e avete fatto firmare? Se la risposta è "no", basta commedie: teniamoci la Casta, e non lamentiamoci più.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Amici del referendum elettorale,

le motivazioni della vostra scelta referendaria sono sicuramente condivisibili:
- superamento della legge elettorale vigente, definita porcata dal suo stesso autore, Roberto Calderoli,
- superamento della eccessiva frammentazione dei partiti in italia,
- infine, scarsa fiducia che il parlamento sappia o voglia realizzare una riforma elettorale di buona qualità.

La vostra risposta a queste problematiche è la realizzazione di una riforma elettorale che, parole dal sito ufficiale del referendum, porterà ad un sistema bipartitico:

“Il sistema elettorale risultante dal referendum spingerà gli attuali soggetti politici a perseguire, sin dalla fase pre-elettorale, la costruzione di un unico raggruppamento, rendendo impraticabili soluzioni equivoche e incentivando la riaggregazione nel sistema partitico. Si potrà aprire, per l’Italia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica.”

Il vostro referendum poggia sulle ali di interesse dei partiti maggiori nel panorama italiano: il PD, che recenti sondaggi danno al 25%, si troverebbe in un sistema bipartitico a fare la parte del leone, e salirebbe virtualmente al 50%. Lo stesso dicasi per i due partiti maggiori del centro destra: AN e FI. Ma avete l’appoggio anche di partitini minori, come l’IdV, che con i 2.5% scarsi a disposizione e la mancanza di partiti con cui allearsi, verrebbe eliminata da un sistema a soglia, e preferirebbe dunque essere inglobata da un partito unico.
Il vostro referendum poggia inoltre sulle ali della protesta popolare dovuta alla sfiducia nella classe politica e ai costi della politica, protesta giustissima, ma che il popolo associa univocamente alla frammentazione. A questo riguardo, francamente non capisco come un sistema bipartitico possa risolvere i problemi di sfiducia e di costi. Vedete, oggigiorno i cittadini non hanno molto potere per far rispettare gli impegni presi dai politici, se non quello, ben misero, di non premiarli con il voto alle elezioni successive. Con un sistema bipartitico anche questo potere è svuotato di significato. Alla votazione successiva, la possibilità sarebbe o votare per l’altro dei due partiti, in genere politicamente opposto e quindi scarsamente rappresentante delle proprie idee politiche, o non votare affatto, o votare per un eventuale terzo partito, atto che in america, a seguito di una secolare esperienza con un sistema elettorale bipartitico, viene saggiamente e giustamente definito come: ‘buttare via il proprio voto’.

E’ infatti immediato, a questo punto, fare riferimento diretto a quello che è l’esempio maggiore di sistema elettorale bipartitico: il sistema americano. Del resto, in Italia si è creato da poco il Partito Democratico e il paragone risulta essere ancor più appropriato.
Detto questo, mi sento di chiedervi, amici del referendum elettorale, se siete a conoscenza della affluenza elettorale in america. Alle ultime presidenziali, per le quali tutti i giornali hanno parlato di affluenza record e ben al di sopra della media, siamo arrivati a poco più del 50%. Di media, siamo sul 40%.
40% di affluenza all’elezione dell’uomo più potente del pianeta, il presidente degli Stati Uniti d’America, farei notare.
Il motivo maggiore di una così basa affluenza alle urne, come riportato da vari studi di centri americani e internazionali, è che il popolo americano si sente poco rappresentato dai due partiti, non si sente nella capacità di scegliere, e appunto, non sceglie.
Del resto,anche in Inghilterra, con sistema strettamente maggioritario, e nel quale sono presenti 3 partiti maggiori anziché 2, non siamo a livelli molto diversi: nel 2001 e 2005 si era a meno del 60%.

Una democrazia nella quale vota il 40% degli aventi diritto è una democrazia malata, concordate?
Una riforma elettorale che obbliga la gente a
1) scegliere i soliti noti,
2) scegliere un terzo partito,reso incapace dal sistema elettorale di avere potere e rappresentare fattivamente i propri elettori,
3) non votare

è l’unica risposta che sapete dare alla attuale pessima legge elettorale espressa dal centro destra negli anni scorsi?
Spero che ci riflettiate.