Io sono leggenda: non andate a vedere quel film
Passi che un libro dia spunto per un film e che in realtà la storia venga piegata, stravolta o ignorata per motivi cinematografici ma quando un film si chiama esattamente come un libro, quando il film si chiama "Io sono leggenda" e tradisce il senso stesso della storia, allora m'incazzo.
QUESTO FILM NON E' DA VEDERE
Ok. Adesso mi sono sfogato... Ecco la fine del romanzo, la fine vera:
(…) Addio a tutti.
Poi, d’improvviso, respirò affannosamente. Puntellandosi, si alzò a sedere. Rifiutò di lasciarsi andare a causa del dolore bruciante che gli era esploso nel petto. I denti serrati, si alzò in piedi. Per poco non cadde, ma, ripreso l’equilibrio, attraversò la stanzetta, barcollando su gambe tremule che quasi non sentiva.
Si aggrappò alla finestra e guardò fuori.
La strada era piena di gente. Si muovevano confusamente nella grigia luce del mattino; il suono delle loro parole era simile al ronzio di un milione di insetti.
Osservò quella gente, con la mano sinistra dalle dita esangui aggrappata alle sbarre e gli occhi febbricitanti.
Poi qualcuno lo vide.
Per un momento ci fu un crescente brusio, alcune grida di sorpresa.
Poi un improvviso silenzio, come se una pesante coperta fosse caduta sulle loro teste. Rimasero tutti con lo sguardo fisso verso di lui, con le bianche facce rivolte verso l’alto. E lui sostenne quegli sguardi. E di colpo pensò: “Ora sono io l’anormale. La normalità è un concetto di maggioranza, la norma di molti, e non la norma di uno solo.”
Quel pensiero all’improvviso si fuse con quello che vedeva sulle loro facce: timore, paura, orrore; e comprese che avevano paura di lui. Per loro, lui era una terribile calamità che mai avevano veduta, una calamità anche peggiore dell’infezione a cui si erano adattati. Lui era un invisibile spettro che lasciava quale prova della sua esistenza i corpi dissanguati dei loro cari. Capiva quel che provavano e non li odiava. La sua mano si strinse sul minuscolo involucro delle pillole. Per fare in modo che la fine non giungesse con violenza, per fare in modo che non divenisse una macellazione davanti ai loro occhi…
Robert Neville guardò il nuovo popolo della terra. Sapeva di non farne parte: sapeva che, come un tempo i vampiri, lui era un anatema e un nero terrore da distruggersi. E, di colpo, il concetto si formò, divertente nonostante il dolore.
Una risata soffocata gli salì alla gola. Si voltò, si appoggiò alla parete, inghiottì le pillole. “Il cerchio si chiude” pensò mentre il letargo finale si impadroniva delle sue membra. “Il cerchio si chiude. Un nuovo terrore nasce nella morte, una nuova superstizione penetra nell’inespugnabile fortezza dell’eternità.
“Io sono leggenda.”
(…) Addio a tutti.
Poi, d’improvviso, respirò affannosamente. Puntellandosi, si alzò a sedere. Rifiutò di lasciarsi andare a causa del dolore bruciante che gli era esploso nel petto. I denti serrati, si alzò in piedi. Per poco non cadde, ma, ripreso l’equilibrio, attraversò la stanzetta, barcollando su gambe tremule che quasi non sentiva.
Si aggrappò alla finestra e guardò fuori.
La strada era piena di gente. Si muovevano confusamente nella grigia luce del mattino; il suono delle loro parole era simile al ronzio di un milione di insetti.
Osservò quella gente, con la mano sinistra dalle dita esangui aggrappata alle sbarre e gli occhi febbricitanti.
Poi qualcuno lo vide.
Per un momento ci fu un crescente brusio, alcune grida di sorpresa.
Poi un improvviso silenzio, come se una pesante coperta fosse caduta sulle loro teste. Rimasero tutti con lo sguardo fisso verso di lui, con le bianche facce rivolte verso l’alto. E lui sostenne quegli sguardi. E di colpo pensò: “Ora sono io l’anormale. La normalità è un concetto di maggioranza, la norma di molti, e non la norma di uno solo.”
Quel pensiero all’improvviso si fuse con quello che vedeva sulle loro facce: timore, paura, orrore; e comprese che avevano paura di lui. Per loro, lui era una terribile calamità che mai avevano veduta, una calamità anche peggiore dell’infezione a cui si erano adattati. Lui era un invisibile spettro che lasciava quale prova della sua esistenza i corpi dissanguati dei loro cari. Capiva quel che provavano e non li odiava. La sua mano si strinse sul minuscolo involucro delle pillole. Per fare in modo che la fine non giungesse con violenza, per fare in modo che non divenisse una macellazione davanti ai loro occhi…
Robert Neville guardò il nuovo popolo della terra. Sapeva di non farne parte: sapeva che, come un tempo i vampiri, lui era un anatema e un nero terrore da distruggersi. E, di colpo, il concetto si formò, divertente nonostante il dolore.
Una risata soffocata gli salì alla gola. Si voltò, si appoggiò alla parete, inghiottì le pillole. “Il cerchio si chiude” pensò mentre il letargo finale si impadroniva delle sue membra. “Il cerchio si chiude. Un nuovo terrore nasce nella morte, una nuova superstizione penetra nell’inespugnabile fortezza dell’eternità.
“Io sono leggenda.”
2 commenti:
Non so, ma infatti non mi attirava per niente quel film...invece ho visto Lussuria, cous cous e american gangster...sono belli e te li consiglio se non li hai visti!
Buona giornata!
Ho visto cous cous e, benche` non sia poi cosi` male come il pubblico in sala lo giudicava mentre veniva proiettato, francamente non lo consiglio.
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